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- 28 Gennaio 2019
Catetere Venoso Centrale PICC
Che cos’è
Il Catetere Venoso Centrale PICC (acronimo di “Peripherally Inserted Central Catheter”) è un tipo di catetere centrale esterno, non tunnellizzato, costruito con materiale biocompatibile ad inserimento periferico ecoguidato, a medio / lungo termine.
Ciò significa che, in base al suo utilizzo (sia continuo che discontinuo, sia intra che extra ospedaliero), il catetere può rimanere in sede per un periodo che va da 7 giorni a 12 mesi.
A che cosa serve
Il PICC consente tutti gli utilizzi dei CVC “classici” (es. Groshong, Hickman, Broviac, Midline, Port-a cath) come la somministrazione di chemioterapia (es. in caso di utilizzo di farmaci vescicanti o irritanti per le pareti dei vasi), terapia antibiotica, nutrizione parenterale totale, misurazione della PVC, infusione di soluzioni ipertoniche).
Prima di procedere all’impianto bisogna:
- valutare l’idoneità del paziente in quanto non tutti i soggetti presentano l’indicazione per il PICC per problemi vascolari o muscolo-scheletrici che possono impedire il successo dell’impianto,
- informare riguardo la procedura che si andrà ad effettuare e per ultimo assicurarsi che il paziente abbia firmato il consenso informato.
Subito dopo l’impianto del catetere va eseguita una medicazione con garza e cerotto, da rinnovare dopo 24-48 ore (medicazione precoce) previo un accurato lavaggio delle mani e l’utilizzo di guanti sterili. Per le medicazioni successive di solito è preferibile utilizzare una medicazione semipermeabile trasparente, da rinnovare ogni 7 giorni.
Nel caso si verifica un sanguinamento del sito di inserimento oppure una fuoriuscita di siero la medicazione va effettuata con garza e cerotto (da rinnovare ogni 24-48 ore oppure quando è umida, sporca o non è più aderente).
Le complicanze post-impianto
Le complicazioni dei PICC possono essere di tipo occlusivo (es. occlusione del CVC da trombo o farmaci), flebitico e infettive.
Benefici:
una maggior sicurezza nella somministrazione dei farmaci antiblastici;
una notevole riduzione delle venipunture ripetute ai pazienti;
la conseguente riduzione di lesioni cutanee e di flebiti superficiali;
la riduzione di flebiti chimiche da farmaco;
la riduzione dei disagi causati al paziente.
A cura di Carmelo Leuzzo – infermiere professionale presso U.O.C. di Ematologia dell’Azienda”Bianchi-Melacrino-Morelli” di Reggio Calabria
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