
- by Martino Micheli
- 2 Novembre 2021
I trattamenti standard attualmente disponibili per i pazienti che ricevono una diagnosi di linfoma sono principalmente la chemioimmunoterapia, la radioterapia, e il trapianto di cellule staminali.
Il panorama di trattamento è però in rapida evoluzione. Tra le strategie emergenti ci sono le CAR-T, dall’inglese “Chimeric Antigen Receptor T cell therapies” ovvero “Terapie a base di cellule T esprimenti un Recettore Chimerico per antigene”. È un tipo di trattamento che utilizza i linfociti T del paziente, che vengono modificati al fine di riconoscere e distruggere le cellule del linfoma. Si basa quindi sull’utilizzo delle stesse cellule del paziente quale “farmaco” contro il tumore.
La tecnologia CAR-T è stata inizialmente sviluppata dall’Università della Pennsylvania (il primo trattamento è stato somministrato nel 2012 negli Stati Uniti), e prevede i seguenti passaggi:
- La terapia CAR-T è attualmente disponibile per un sottogruppo limitato di pazienti, che rispondono a dei criteri di idoneità al trattamento. Per garantire che questi criteri siano rispettati, i pazienti vengono inizialmente sottoposti ad una serie di esami di “screening”.
- PRELIEVO DI SANGUE. La terapia CAR-T inizia con un processo chiamato aferesi o leucaferesi. Si tratta di un prelievo di sangue, il quale viene fatto passare attraverso un “separatore cellulare” che isola i globuli bianchi contenenti le cellule T, mentre il resto del sangue viene reinfuso al paziente.
- INGEGNERIZZAZIONE DELLE CELLULE. Le cellule raccolte mediante l’aferesi vengono inviate presso laboratori specializzati, e geneticamente modificate in CAR-T. In particolare, con l’aiuto di virus inattivi, i linfociti T vengono geneticamente modificati per esprimere sulla loro superficie la proteina “Recettore dell’Antigene Chimerico” (CAR). In questo modo, le cellule risultanti sono in grado di riconoscere e attaccare le cellule tumorali. A questo punto le CAR-T vengono prodotte nel numero appropriato, testate per la sicurezza, e infine congelate e rispedite al centro di trattamento.
- CHEMIOTERAPIA LINFODEPLETIVA. La chemioterapia linfodepletiva è una chemioterapia a basso dosaggio, somministrata per preparare l’organismo a ricevere le cellule CAR-T. In questo modo, infatti, le CAR-T trovano un ambiente più favorevole alla loro espansione e attivazione contro le cellule tumorali.
- INFUSIONE DELLE CELLULE CAR-T. I linfociti T modificati vengono scongelati nel centro di trattamento, e infusi per via endovenosa nel paziente, dove prendono di mira le cellule tumorali che vengono quindi distrutte dal sistema immunitario stesso.
- In seguito all’infusione, è previsto un attento e prolungato periodo di monitoraggio per individuare i possibili effetti collaterali.
Dalla descrizione riportata, si può evincere quanto l’organizzazione della terapia CAR-T sia complessa; per questo può essere eseguita solo presso centri specialistici selezionati. Essendo inoltre un trattamento altamente innovativo, rimangono degli interrogativi a cui dare risposta. In questo senso la ricerca italiana sta contribuendo in modo significativo, come dimostrano i risultati di alcuni studi presentati al recente Congresso Nazionale della Società Italiana di Ematologia (SIE), tenutosi a Milano dal 24 al 27 ottobre 2021.
Attualmente in Italia sono due le terapie CAR-T approvate dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA): Kymriah per il trattamento del linfoma diffuso a grandi cellule B, e Yescarta per il trattamento del linfoma diffuso a grandi cellule B e del linfoma primitivo del mediastino a cellule B, in entrambi i casi per pazienti già sottoposti ad almeno due linee di terapia sistemica (compresa la chemioterapia e il trapianto di cellule staminali). Sono tuttavia in corso studi clinici per l’utilizzo delle cellule CAR-T anche in altri tipi di linfoma.